Nello scalo di S. Pietro Avellana c’è sempre stata una scuola, ora statale, ora sussidiata, a seconda del numero degli alunni che la piccola borgata poteva offrire.
Si trattava di una pluriclasse comprendente i prima quattro anni di scuola elementare, che talvolta si completava con una quinta.
I maestri venivano da lontano e non era raro il caso che qualcuno rimanesse invischiato nella pania aorosa con cui, a detta di alcune signorine, mia madre affatturava i giovanotti per maritare le numerose figlie.
Fu così che Angiolino si innamorò della mia prima sorella. Questa, quando giunse a S. Pietro il nuovo insegnante, era a Campobasso ove frequentava un corso di taglio. Mia madre approfittò del giovane, che si recava a visitare i suoi nei pressi del capoluogo molisano, per mandare una lettera alla figlia.
Il maestro salì le scale della casa indicata dall’indirizzo e, con aria contegnosa, si tolse il cappello prima di bussare alla porta. Gli andò ad aprire una signorina snella, bruna, dal portamento svelto e nervoso.